Il vino dell’Emilia-Romagna- è un vino più di ogni altro, amoroso.
Mario Soldati
Dopo la nostra puntata speciale dedicata ai Vini di Romagna, eccoci oggi a raccontarvi storie, aneddoti e caratteristiche dei Vini dell’Emilia, tra i più variegati e apprezzati al mondo.
La regione Emilia infatti condensa nel suo territorio un riassunto di tutte le bellezze che si possono trovare in Italia. Dolcemente adagiata sulla riva destra del grande fiume Po, essa ingloba tre zone climatiche ed ambientali dolcemente confinanti (la montagna, i colli e la pianura), intervallate qua e là da antiche capitali.
Gli stessi vini che questo territorio esprime sembra seguano il naturale percorso della Via Emilia, con il suo avvicendarsi di città, culture e territori differenti: dalle Barbere miste a Bonarda coltivate nei colli piacentini – che prolungano le scelte viticole ed enologiche dell’Oltrepò Pavese e ancora riflettono la comune origine monferrina -, a tutti i Lambruschi che, specialmente per il metodo di vinificazione, sono gloria della provincia di Modena. E poi Parma con le sue Malvasie dal carattere nobile e altero e Reggio nell’Emilia la cui produzione di vino risale al XV secolo.
Chiunque percorra la Via Emilia nel tratto da Modena e Piacenza alla ricerca del carattere dei suoi vini, avrà l’impressione di compiere un viaggio spettacolare diviso in tappe predisposte, inevitabili e, ciononostante, meravigliose ed imprevedibili. Una lunga sequenza di vitigni e sapori, ognuno appartenente al territorio, alla città ed alla storia che lo hanno accompagnato.
Gutturnio
Il Gutturnio rispecchia il carattere della città di Piacenza, vino di confine che ha carattere insieme piemontese, lombardo ed emiliano.
Ha origini nobili e antiche ed è il risultato del mix di due vitigni differenti: Barbera 60% e Bonarda 40%. Nonostante sia citato da Cicerone come vino molto amato dal console piacentino Lucio Calpurnio Pisone, il nome Gutturnio ha origini recenti; nel 1938 infatti l’enologo Mario Prati decise di nominare quello che fino al tempo era l’ottimo vino locale con il nome di Gutturnio, cosa che gli conferì quel carattere antico di cui era effettivamente portatore.
Si accompagna solitamente a taglieri di salumi piacentini e primi piatti tradizionali come i Pisarei e fasö alle bollicine del Gutturnio. Ancora Gutturnio, questa volta fermo, bagna poi arrosti e bolliti, brasati e carni alla griglia.
Ortrugo
L’Ortrugo è probabilmente uno dei tanti vitigni che erano presenti nel piacentino fin dall’epoca pre-cristiana, e di fatto è uno dei pochi il cui vitigno è sopravvissuto al rigido clima delle valli piacentine ed alle malattie che nei secoli hanno colpito la vite italiana.
Utilizzato nel secolo scorso come vino “da taglio“, è con l’arrivo degli anni 70 che si inizia a puntare sulla qualità ed a produrre Ortrugo in purezza, grazie anche al suo carattere informale, delicato ed amante della convivialità.
Tipico dei colli piacentini e del loro caratteristico clima, l’Ortrugo si sposa ottimamente con merende a base di salumi piacentini, ma anche ad accompagnare piatti dal sapore tendente al dolce come i tortelli di zucca. Se servito fresco è ottimo anche abbinato a pesci e crostacei, grazie a una leggera sapidità.
Malvasia
“Ber del vin dolce e sbottonarsi al sole: dolce cosa!”
Chi meglio di Giuseppe Verdi potrebbe esprimere il carattere musicale e teatrale dei vini parmensi.
Dolce o secco, frizzante o fermo: la Malvasia ha un profumo che resta impresso e ben si accompagna ad alcuni fra i prodotti più tipici dell’Emilia Romagna e della zona di Parma.
Coltivata in più parti di Italia, la Malvasia Parmense non ha nulla a che fare con gli omonimi vitigni del Sud Italia, anche se ne condivide la storia. Anticamente infatti il Monemvasia era l’appellativo di un vitigno originario dell’Isola di Creta, i cui pregiati vini partivano alla volta della Serenissima. La produzione di questo delizioso nettare era caratterizzata da una tecnica particolare, l’appassimento dei grappoli al sole che ne decretava una spiccata dolcezza.
Quando a metà del 1500 la conquista di Creta da parte dei Turchi mise in pericolo il fiorente commercio vinicolo gestito dai veneziani, questi favorirono l’introduzione dei vitigni che costituivano questo vino sulle principali rotte che facevano capo alla Repubblica. Parallelamente, venne chiamato Malvagìa, poi Malvasia, qualsiasi vino prodotto con la tecnica dell’appassimento (per questo esistono oggi almeno 17 varietà di Malvasia del tutto diverse l’una dall’altra).
In Emilia, la Malvasia più ricca di personalità, l’Aromatica di Candia, trovò sulle dolci colline di Parma e Piacenza suoli ricchi d’argilla e clima temperato, ideali per la maturazione dei suoi grappoli dorati.
La Malvasia, soprattutto quella frizzante o spumante, si gusta in modo ottimale con aperitivi leggeri, anche a base di pesce. Una delicata selezione di spuntini fritti non può infatti che esaltare questo vino dalle antiche origini marittime.
La versione ferma può essere bevuta a tutto pasto con pietanze delicate.
La Malvasia frizzante dolce e il passito sono invece dei veri must con ciambelle, dolci alla crema e torte a base di frutta.
Spergola
Tipico vitigno della zona di Scandiano, Reggio Emilia, la Spergola ha radici che risalgono al XV secolo, quando fu citato da Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana, e nel corso della storia è stato anche chiamato Pomoria, Pellegrina, Spergolina o Spargolina. É un vitigno autoctono molto antico, e che per molto tempo è stato confuso con il più celebre Sauvignon.
Nel 2000 un’analisi sul dna di questo vitigno ha dimostrato definitivamente la diversità genetica rispetto al Sauvignon, consentendo la registrazione della Spergola nel Catalogo Nazionale delle Varietà della Vite e quindi l’inserimento nella DOC Colli di Scandiano e Canossa.
Il vitigno Spergola consente di ottenere un vino bianco che nella versione frizzante o spumante presenta un colore giallo paglierino scarico con tenui riflessi verdolini, un delicato profumo di fiori e di mela verde e un gusto fragrante dotato di buona acidità.
Come vino secco accompagna con gusto il pranzo della domenica: antipasti, primi piatti a base di pesce, pasta ripiena, secondi piatti leggeri e salumi, o ancora con il Parmigiano Reggiano. La versione dolce è adatta invece a torte da forno, biscotti, zuppa inglese. Ma il massimo del gusto, a conclusione di un pasto in famiglia, si raggiunge inzuppando in questo vino un pezzetto di ciambella. Provare per credere!
Lambrusco
Quella dei Lambrusco è la famiglia di vitigni più diffusa nella campagna emiliana e la sua zona di produzione si estende da sui territori del reggiano e modenese. Da queste uve fragranti si ottiene un vino frizzante piacevole, al punto da essere il più esportato al mondo. Un successo commerciale che rispecchia a pieno anche la popolarità in loco, dove gli affezionati si dividono tra estimatori del più fine Sorbara, del più intenso Grasparossa o ancora del Salamino o del Maestri, della tipologia dolce o di quella secca.
É forse uno dei più antichi vitigni della regione tanto che il nome Lambrusco si dice provenga dal nome latino “labrusca”, che letteralmente significava “che cresce incolta ai margini dei campi”. Già conosciuto nell’età del bronzo, come testimoniato dai ritrovamenti archeologici, il suo particolare sapore è frutto del mutamento nell’alimentazione seguito alla conquista del Nord Italia da parte dei Longobardi.
Questo popolo germanico semi-nomade diffuse nel territorio emiliano il proprio modo di vita, in cui l’allevamento del maiale allo stato semi-brado aveva un ruolo centrale. I cibi non venivano più cotti in olio d’oliva ma nello strutto, acquistando grassezza e untuosità; la bollicina dei vini frizzanti, che “pulisce” il palato ad ogni sorso, è stata la risposta enologica a questa evoluzione della cucina emiliana.
Il Lambrusco si sposa volentieri con la chiacchiera spensierata da condividere davanti a fumanti piatti della tradizione come il cotechino, lo zampone alle lenticchie, i lessi oppure i numerosi affettati che questa terra regala. Da sempre vino celebre e spensierato si è prestato nel tempo a diversi usi, come l’irriverente abbinamento con i popcorn di Luciano Ligabue, i brindisi spumeggianti nelle tournée di Pavarotti e il saltare dei tappi di Lambrusco ad ogni successo della Rossa di Gilles Villeneuve e di Enzo Ferrari.
Autore
Walter Manni
Esploratore e Avventuriero: ama navigare gli oceani, scalare le montagne più alte e surfare sulle onde del web
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