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Andrea Pazienza e la sua Bologna d’autore

di /// Agosto 31, 2021
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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Il mio primo disegno riconoscibile l’ho fatto a diciotto mesi, era un orso, questo testimonia quanto era forte in me il bisogno di disegnare

Tra gli estrosi maestri della matita uno dei più grandi è indubbiamente Andrea Pazienza, originario di San Benedetto del Tronto ma che possiamo definire “figlio d’arte bolognese”, in quanto la sua espressione artistica ha preso forma in buona parte durante il periodo degli anni universitari spesi proprio nella città emiliana, e Bologna è la terra natia anche del suo più celebre personaggio cartaceo: Massimo Zanardi.

In arte Paz


Andrea Pazienza, in arte Paz, nasce il 23 maggio 1956. Nel 1974 si iscrive al DAMS di Bologna, che lascia a soli due esami dalla laurea. Sono proprio gli anni della contestazione legata al Movimento del ’77 che fanno da sfondo al fumetto Le straordinarie avventure di Pentothal, primo lavoro di Pazienza pubblicato proprio in quegli anni.

In facoltà incontra altri artisti e scrittori tra cui ricordiamo Freak Antoni, con i quali vive una giovinezza dal sapore forte, ribelle e feroce, quasi una variazione in tinte postmoderne della beat generation che fu di Kerouac e Ginsberg.
Gli anni dal 1977 al 1981 segnano collaborazioni con le riviste Cannibale e col settimanale di satira Il Male fino alla fondazione del mensile Frigidaire, sulle cui pagine fa la sua comparsa, nell’81, Zanardi.

Fumettista e pittore sono solo due lati della manifestazione artistica a cui il suo estro creativo si presta: Pazienza realizza anche copertine di dischi, un calendario, alcuni poster, e spot grafici. Inoltre omaggia gli amici artisti di collaborazioni, illustrando articoli, racconti e locandine cinematografiche.
Si dedica infine anche all’insegnamento, dapprima presso la Libera Università di Alcatraz di Dario Fo e poi, nel 1983, partecipa a Bologna alla Scuola di Fumetto e Arti Grafiche Zio Feininger, insegnando tra gli altri al fianco di Magnus.

Chiaro/Scuro di Pazienza: (ri)tratto di vita


Di Andrea Pazienza si dice fosse bello, oltre che bravo. Il suo narcisismo fioccava dalla pagine e dal ritmo della sua vita, lo testimoniano le parole che dice in un’intervista nell’81: Sono il più grande disegnatore vivente.
È probabile che la sua fosse una genialità ben compresa e cosciente e ciò traspare dalla forza della sua arte senza filtri, senza pudore, estremamente densa e fiera. Un’immagine che lui stesso proponeva di sé come artista.

Ad Andrea piaceva scrivere e scriveva di tutto: poesie, racconti, canzoni e tantissime lettere. Ha sempre disegnato e ha sempre scritto, fin da bambino. Era un narratore con la matita, e ciò che esprimeva prendeva forma di parole e di segni con una inconfutabile forza comunicativa.

Pazienza aveva due icone del fumetto. Il primo era Carl Barks, autore di Paperino, e il secondo era Moebius, l’artista che ha cambiato il look della fantascienza.
I soggetti di Paz spaziano dal bianco e nero ai colori e vengono realizzati con tecniche miste: la variopinta eterogeneità delle sue opere sono lo specchio delle sfaccettature che lo componevano, come riflesso della sua famosa espressione E ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine (da Le straordinarie avventure di Pentothal).

La produzione quantitativa e la varietà delle sue opere è incredibile. Nella sua breve e intensa vita Pazienza è stato capace di regalare una moltitudine di testimonianze della sua visione del mondo, espresse in molteplici sfumature tecniche.
Camaleontico e veloce, pare che la sua mano fosse tanto abile quanto svelta, seppure non avesse inclinazioni favorevoli alle scadenze.
Il mondo che vive Pazienza è un fermento continuo: sono gli anni ’80, il decennio dei cambiamenti che investe e travolge una generazione affamata e vorace. La grande fama che deriva dal suo lavoro lo fa contemporaneamente avvicinare agli eccessi, alle droghe, in particolare all’eroina, a cui si imputa la sua prematura scomparsa nell’88.

Zanardi, un punk da Bologna


Massimo Zanardi è il rappresentativo di un’epoca, di una generazione che non ha età, di un malessere giovanile. E’ lo specchio visto in negativo dello stesso autore e del lettore assieme. E’ una delle figure letterarie maggiormente rappresentative della generazione italiana a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, disegnato da Pazienza come un liceale perfido e amorale, il cui vuoto interiore si manifesta violento, schiaffeggiando la società che lo ha prodotto. È una denuncia sociale ma anche una ribellione su carta e un modo per Paz di esprimersi.
La caratteristica principale di Zanardi è il vuoto. L’assoluto vuoto che permea ogni azione”.

Zanardi era come i ragazzi che lo leggevano: privo di ideali in un’epoca di rivoluzioni, terribilmente annoiato, terribilmente frustrato da un sistema sterile, edonistico e autoreferenziale. Guardando al personaggio di Massimo Zanardi adesso, lo si potrebbe inquadrare come il mix centrifugato dell’eco del movimento punk che urlava negli anni 70 tra le strade di Londra e una pagina strappata dalla Nausea di Sartre.

Nell’arte fumettistica firmata Pazienza si confondono il sogno, il reale, lo sballo e la lucidità di una città in divenire tra confini onirici di una Bologna storica, saldamente riconoscibile nei paesaggi allungati, nell’architettura deformata, eppure tanto familiare all’immaginario dei cittadini.
Nelle immagini catturate e sfocate dai fumi artistici e geniali di Paz si rivede la confusione propria degli occhi interiori dell’artista, della percezione sballata degli eccessi, della comprensione lenta del dolore sviluppata ed evoluta nell’autobiografico secondo volume Gli ultimi giorni di Pompeo.

Itinerario bolognese ‘da Paz’


I luoghi di casa, in Pazienza, sono i vicoli, i portici e i portoni della zona universitaria. Sono le ambientazioni sceniche del suo vissuto, trasposto sulle tavole di Zanardi, che ripercorrono emozionalmente gli stessi ciottolati calpestati da Andrea.
Si parte dal numero 223 di via Emilia Ponente, la casa che era il rifugio di Paz, nella palazzina rosso mattone tra le cui mura ha disegnato per oltre 10 anni gran parte delle sue avventure. Si prosegue con una tappa al bar della Cirenaica, dove faceva colazione e lasciava tutto sul conto che poi pagava con un bel disegno.

Ma sono soprattutto le case di amici i luoghi più frequentati e amati. Dagli appartamenti di Via Clavature, occupati da Filippo Scozzari & co, trasformati nel laboratorio di fumetto e musica che ha visto i primi schizzi editoriali di Cannibale e Frigidaire, mentre Freak Antoni dava vita agli Skiantos (ne Le straordinarie avventure di Pentothal, Via Clavature verrà storpiata in Via Fognature).
Sempre in centro in zona universitaria, dietro Piazza Verdi, la casa di Bull, la casa delle feste, vicina a quella di Marcello Jori.
Poi in Via Solferino, alla trattoria Trebbi dove era solito pranzare, mentre la sera le leggende metropolitane lo ricordano tra pasta e fagioli ai tavoli del Moretto, luogo di ritrovo per eccellenza.
E ancora le serate di concerti al Palasport, allo storico QBò (chiuso nell’87), le gallerie d’arte dove espose le personali, le aule di scuola dove insegnò in Via Corticella, per poi fare un salto in una delle osterie che tutt’ora animano la vita notturna di via del Pratello.

Forse sono infiniti gli itinerari urbani tracciati da Andrea Pazienza a Bologna e passeggiando tra le antiche strade ci si immerge nei racconti di un’epoca che riporta ragazzini gli adulti di oggi con l’arte precisa e cruda del mito che fu Andrea Pazienza.

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