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Storie e segreti di Bologna

di /// Ottobre 6, 2021
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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Bologna è una città dalla lunga storia, e quindi è anche ricca di aneddoti che sono stati tramandati nel corso dei secoli dai sui cittadini. Alcuni li raccontano con vanto, come a dire “vedi quanti misteri custodisce Bologna?”, altri li raccontano con maggiore riservatezza, quasi a voler svelare la propria città solo a chi lo merita davvero.

Oggi di alcuni di questi aneddoti sono molto conosciuti non solo da chi abita a Bologna, ma anche da chi viene a visitarla e vuole conoscere la città fin nei dettagli. Ecco qualche esempio:

  • i “Quattro Cantoni” del Voltone del Podestà: sotto alla Torre dell’Arengo in Piazza Maggiore, grazie a una strana canalizzazione del suono, è possibile parlarsi da un angolo all’angolo opposto anche semplicemente sussurrando; si dice che questo espediente servisse ai preti per confessare i lebbrosi, ma anche che fosse utilizzato dagli amanti per mantenere la segretezza dei propri dialoghi;
  • la falsa erezione del Nettuno: se si guarda la Fontana del Nettuno in Piazza del Nettuno da un punto particolare, ovvero ai piedi delle scale d’ingresso della SalaBorsa, si assiste ad un effetto ottico davvero singolare: il pollice della sua mano sinistra, collocata in avanti all’altezza del pube, sembra piuttosto il suo fallo in erezione; pare che lo scultore, il fiammingo Giambologna, lo abbia fatto apposta per fare un torto al papa Pio IV, che ne aveva commissionato la costruzione chiedendo di rimpicciolire al massimo “le doti” della statua;
  • la finestrella di Via Piella: ormai un classico dei tour cittadini, da questa piccola finestra situata in Via Piella si può ammirare il Canale delle Moline e la cosiddetta “piccola Venezia” di Bologna, scoprendo che in realtà il sottosuolo della città è attraversato da numerosi canali, coperti tra i primi del Novecento e il dopoguerra;
  • la scritta Cañabis Protectio: “Panis vita, Cañabis protectio, Vinum laetitia” (il pane è vita, la cannabis è protezione, il vino è letizia) sono tre scritte che troviamo sotto altrettante volte del portico all’inizio di Via Indipendenza (sulla destra dando le spalle a Piazza Maggiore); la motivazione di questa antica scritta ha però poco a che fare con quello che state pensando: si tratta in realtà di una menzione ai vantaggi economici che la città ha storicamente ottenuto dalla coltivazione della canapa.
San Valentino in città - la finestrella di Via Piella ph. Raffaele Preti
La finestrella di Via Piella | Ph. Raffaele Preti

Altri aneddoti invece sono quasi dei segreti, o sono comunque ben poco conosciuti. Sapevate per esempio che Mary Shelley prese ispirazione proprio da un bolognese per la scrittura del suo celebre romanzo gotico “Frankenstein”? O che tra le mura del centro di Bologna si sono consumati amori travolgenti (alcuni a lieto fine, altri decisamente meno)?

Scopriamoli insieme:

Il Frankenstein Italiano

Pare che Mary Shelley per la scrittura del suo celebre “Frankenstein” abbia preso ispirazione da fatti realmente accaduti, e in particolare da alcuni esperimenti condotti dal bolognese Giovanni Aldini, professore e ricercatore di fisica dell’Università di Bologna.

Siamo a cavallo tra il ‘700 e l’800: Aldini, nipote del celebre Luigi Galvani, decise di proseguire gli studi avviati dallo zio dedicati agli effetti degli stimoli elettrici sui cadaveri (il cosiddetto galvanismo).

Egli era infatti convinto che fosse possibile resuscitare i cadaveri grazie all’elettricità, ed era solito condurre esperimenti macabri, durante i quali faceva aprire occhi e bocca alle teste di animali o contrarre gli arti ai corpi decapitati.
Per proseguire con i suoi studi doveva però trovare un corpo intero e in buono stato; Aldini si recò quindi a Londra, dove le condanne a morte avvenivano per impiccagione (al contrario di altri stati europei nei quali avvenivano per decapitazione). Scelto il prigioniero più adatto ai suoi scopi, ne attese la condanna a morte (voci dicono che Aldini influì anche sul giudizio della sua colpevolezza) e avviò i suoi pubblici esperimenti.

Grazie a numerosi elettrodi applicati in varie parti del corpo, Aldini fece sollevare al cadavere braccia e gambe, gli fece aprire la bocca e gli occhi, riuscì addirittura a sollevarne il petto come in un profondo respiro.
Non riuscì a rianimare il cuore, motivo per cui l’esperimento fu considerato un fallimento, ma gran parte del pubblico credette davvero che il cadavere fosse risuscitato, e si racconta che il suo assistente morì d’infarto quella stessa notte.

Virginia e Alberto come Romeo e Giulietta

Anche Bologna può “vantare” tra le sue storie quella di un amore ostacolato come quello di shakespeariana memoria.
Attorno alla metà del 1200 qui vissero infatti due ragazzi: non si chiamavano Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti, ma Virginia Galluzzi e Alberto Carbonesi ed erano i figli di due delle famiglie più potenti della città, i Galluzzi e i Carbonesi appunto.

L’odio tra le due famiglie era profondo, ma ciò non impedì ai due giovani di conoscersi e di innamorarsi. Essi infatti vivevano a poca distanza l’uno dall’altra: lei abitava nella pittoresca Corte de’ Galluzzi, mentre lui viveva in una strada a poca distanza che ancora oggi porta quel nome, Via de’ Carbonesi.

I due innamorati si sposarono in gran segreto, ma furono presto scoperti dal padre di Virginia che, insieme ai suoi seguaci, uccise Alberto e la sua famiglia.
Per la disperazione la fanciulla decise di impiccarsi alla finestra della sua casa: il suo ultimo gesto per dimostrare al padre e a tutti di voler essere unita ad Alberto per sempre, rendendo eterno il loro amore.

Di asini, torri e monete d'oro

Un’altra storia che si narra fin da tempi antichi è legata alla celebre Torre degli Asinelli, la più alta delle Due Torri.
Si racconta che attorno al 1100 visse a Bologna un modesto muratore che possedeva due asinelli, grazie ai quali riusciva a trasportare su un carro la sabbia e la ghiaia dal fiume Reno fino ai cantieri in città.
Un giorno, mentre l’uomo era intento a scavare le fondamenta di una casa, gli asinelli iniziarono a indicare insistentemente un punto del terreno; l’uomo incuriosito si avvicinò e strabuzzò gli occhi: gli asinelli avevano trovato un baule pieno di monete d’oro!
Per paura di essere derubato, l’uomo non rivelò a nessuno la sua scoperta e continuò a vivere come prima, modestamente, custodendo segretamente il suo tesoro.

Qualche tempo dopo, il figlio del muratore, camminando per la città, vide una bellissima fanciulla affacciata ad una finestra e se ne innamorò. La giovane, che apparteneva ad una delle famiglie più ricche e nobili di Bologna, ricambiava il suo sentimento, ma quando il ragazzo chiese al padre la mano della fanciulla, lui affermò – quasi a schernirlo – che avrebbe dato in sposa la propria figlia solo a chi fosse stato in grado di costruire la torre più alta della città.

Il giovane tornò quindi a casa sconsolato. Vedendolo così triste il padre gli chiese cosa fosse successo e il giovane si confidò con il padre. Il padre allora decise di donare al giovane il suo tesoro, con il quale avrebbe potuto costruire la torre. Nove anni dopo, la torre era terminata e i due innamorati poterono così coronare il loro sogno: finalmente si unirono in matrimonio e soprannominarono la torre degli Asinelli in onore dei due fedeli animali che avevano reso possibile la loro unione.

Bologna vista dalla Torre degli Asinelli | Ph. BolognaWelcome
Bologna vista dalla Torre degli Asinelli | Ph. BolognaWelcome

Autore

Elisa Mazzini

Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.

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