Dicono che l’amore muova il mondo e io per amore mi sono sempre spostato tanto per l’Emilia-Romagna.
Mi ricordo di una volta che per mesi raggiungi Ferrara. Avevo preso una cotta per una veronese.
Tutti i weekend con la macchina sbarcavo nella capitale estense e, passeggiando tra i vicoli del ghetto e la grande piazza, mi ritrovai in breve a conoscere le strade del centro storico a memoria.
Non passò molto tempo che conobbi una ragazza nuova. Era siciliana. Viveva a Santarcangelo di Romagna, ma studiava a Rimini. Ero fiducioso che la nostra storia sarebbe arrivata molto lontana. La verità fu, invece, che mi ritrovai inutilmente a fare avanti e indietro per la Romagna, nuovamente single.
Con il senno di poi, se penso a quel periodo mi viene da sorridere ma al tempo, vi assicuro, il sorriso era l’ultima espressione facciale che avreste potuto vedere sul mio viso.
Devo però ammettere che, nonostante le cocenti delusioni d’amore, di quel periodo ho ricordo splendido.
In fin dei conti quei lunghi “viaggi” attraverso la Romagna erano percorsi catartici durante i quali riflettere su sé stessi. Al contempo erano strade propedeutiche da imboccare per aumentare la conoscenza del territorio in cui vivevo.
Ogni qual volta avessi un appuntamento mi toccava studiare nuovi itinerari da proporre, costruirmi una mappa mentale di ristoranti e bar, e individuare interessanti luoghi da visitare.
Ogni appuntamento equivaleva a una mezza giornata di studio alla quale si sommavano l’ansia che tutto andasse bene e la paura di aver sbagliato qualcosa.
Ma se è vero che le delusioni lasciano il segno, è anche vero vero che sono in grado di veicolare nuovi insegnamenti e pratiche.
Trascurando quelli emotivi, che sono personali, con il tempo queste “avventure” hanno ampliato il mio interesse per tutto il territorio della Romagna, facendomi scoprire realtà urbane, culturali e sociali che fino a quel momento non conoscevo bene e che proprio non consideravo.

Tra queste la piccola Santarcangelo di Romagna, la quale nasconde sotto la sua armoniosa bellezza di borgo di provincia, una storia misteriosa, fatta di cavità, pozzi, cunicoli e gallerie che costituiscono una città parallela a quella visibile.
La piccola collina del Monte Giove, su cui è adagiato il nucleo più antico del borgo con l’imponente Rocca Malatestiana, protegge una districata rete di sotterranei scavati nell’arenaria e nell’argilla.
Al mio primo appuntamento non sapevo nulla di tutto ciò. Fu al secondo che mi informai meglio: un labirinto di corridoi, stanze e nicchie, anche su più livelli, serpeggiava sotto le fondamenta delle case e i lastricati delle piazze sui quali stavamo camminando. Una sorpresa dal fascino irresistibile!

Studi in passato ma anche ipotesi odierne hanno sostenuto teorie affascinanti sul loro utilizzo.
Secondo alcuni si trattava di luoghi di culto pagano legati al Dio Mitra, altri parlano di catacombe durante il periodo paleocristiano, altri ancora, invece, di romitaggi per monaci Basiliani.
L’assenza di indicazioni storico-archeologiche, certo, lasciano molto spazio alle perplessità e gli archivi disponibili non aiutano visto che attestano una Santarcangelo sotterranea solo a partire dal 1496.
I documenti confermano un incremento dell’utilizzo delle grotte nel corso del ‘700, in funzione principalmente di deposito per vino e derrate alimentari, al pari di quanto avveniva in altri comuni limitrofi come Rimini, Cattolica, Saludecio e Gradara.
Ciò che invece è risaputo è che durante il Secondo Conflitto Mondiale questi spazi furono utilizzati come rifugi dagli oppositori del fascismo e dalla popolazione che cercava riparo dai bombardamenti in atto.
Secondo uno studio recente ci sarebbero a Santarcangelo di Romagna circa 150 grotte, anche se l’effettivo rilievo è stato possibile per soli 130 casi a causa di tamponamenti e crolli.
La temperatura interna si aggira attorno 12°/13° costanti, il che li rende luoghi perfetti per la conservazione, soprattutto del vino.
Basta una semplice visita e si comprende subito che indicarle come semplici cantine è alquanto riduttivo, visto che le maestranze che le realizzarono dovettero essere altamente qualificate oltre che dotate di raffinata cultura.
S’incontrano così ambienti a volta, sale circolari o poligonali e gallerie a pettine su cui si aprono nicchie un tempo destinate anche alle botti di Sangiovese.

Trascorrere qualche ora all’interno di questi ipogei è un’occasione davvero unica per comprendere lo spirito più autentico di questa terra.
Molte di queste sono ancora visitabili grazie a un tour guidato gestito dall’ufficio IAT – Proloco di Santarcangelo che, durante l’anno, accompagna gruppi di visitatori alla scoperta della Grotta Monumentale di via Ruggeri.
Esistono anche percorsi privati come quello degli ipogei Stacchini e Teodorani in Piazza delle Monache.
Chiunque si trovi a visitare Santarcangelo di Romagna deve pertanto, come facemmo io e quella ragazza siciliana, seguire un tour tra le gallerie sotterranee per comprenderne il passato misterioso di questa bellissima città, ancora oggi – dopo secoli – in bilico tra sogno e realtà.
Autore

Davide Marino
Nasce come archeologo ma finisce per fare altro. Razionale ma non metodico, lento e appassionato. Un giovane entusiasta dai capelli grigi
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Andrea
Affascinato da tutte le bellezze della nostra terra, se poi è condito da un po’di mistero la cosa si fa estremamente accattivante. Un saluto a tutti, e spero di venire da quelle parti dopo l’ appuntamento di Prato sotterranea del 30 settembre. Andrea