I primi passi verso la fondazione dell’abbazia di Chiaravalle della Colomba si collocano attorno al 1135 quando il grande San Bernando di Chiaravalle (grande riformatore dell’ordine benedettino da cui prese il via in Francia l’ordine dei cistercensi) accolse la richiesta di Arduino, vescovo di Piacenza, di istituire una comunità di monaci all’interno della sua diocesi.
L’11 aprile del 1136, con un documento chiamato “institutionis paginam”, furono concessi alcuni terreni per la nascita del monastero e poste formalmente le basi della futura abbazia.
L’evento non fu scevro da clamore e per renderlo ancora più solenne fin da subito fu legato a una leggenda: una bianca colomba (da qui il titolo “della Colomba” menzionato tra l’altro all’interno dell’atto ufficiale) aveva volteggiato davanti agli occhi esterrefatti dei monaci, indicando loro con delle pagliuzze il perimetro del futuro monastero.

Abbazia di Chiaravalle della Colomba (PC) | Foto © chiaravalledellacolomba.it
In realtà è probabile che l’intitolazione a “Santa Maria della Colomba” (nome dedicatorio autentico della basilica e del monastero) si riferisca al mistero dell’Annunciazione, armonizzandosi così alla spiccata spiritualità mariana (legata quindi al culto della Madonna) che caratterizzava le comunità cistercensi.
Da allora fino all’epoca napoleonica l’esistenza dei monaci si legò alla vita religiosa e civile, facendo diventare in poco tempo questa abbazia un punto di riferimento per tutta l’Italia settentrionale. Fedeli al moto benedettino “ora et labora”, i monaci bonificarono e coltivarono le terre, allevarano gli animali, e proseguirano la loro attività di studio e diffusione della spiritualità.
Benché celebrata per le grandi attività religiose, scientifiche, letterarie e agronomiche, a partire dal XIV secolo l’abbazia iniziò un lento declino, come tra l’altro avvenne anche per altri ordini. La proliferazione delle guerre, le depradazioni, le ondate di carestia, ma soprattutto una crisi d’autorità, con sempre più ingerenze di potere, provocò un lento sfaldamento del tessuto religioso e spirituale che aveva tenuto fino ad allora.
All’inizio del XIX secolo due decreti napoleonici segnarono, infine, la vita del monastero: l’archivio, la biblioteca e gli arredi vennero dispersi; i mille ettari di terreno e i fabbricati divennero proprietà degli Ospedali Civili di Piacenza; i monaci furono allontanati. A Chiaravalle rimasero solo due religiosi, uno come parroco e l’altro come insegnante.
Le cose cambiarono agli inizi del XX secolo grazie all’opera di Monsignor Guglielmo Bettuzzi, abate e parrocco di Chiaravalle: convinse la Soprintendenza ad avviare un’attività di recupero conservativo del complesso, facendo riemergere così capolavori d’arte dimenticati, come la Crocifissione ospitata dalla Sagrestia.
Da oltre un secolo (1937) i monaci sono tornati a vivere fra le antiche mura dell’abbazia e al loro interno rinnovano di anno in anno la spiritualità della vita claustrale, contemplativa e attiva, organizzando anche diversi incontri, eventi e convegni.
In ogni momento è possibile visitare liberamente l’intero complesso, anche prenotando una visita guidata.
Tanti sono infatti gli ospiti che vengono qui per compiere un viaggio a ritroso nel passato e rivivere con i propri occhi il fascino del Medioevo. Tra questi anche molti pellegrini della Via Francigena che trovano negli ambienti del complesso monastico una porta sempre aperta.