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I Racconti del Balsamico: il Processo Produttivo

di /// Settembre 11, 2023
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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“Racconti Del Balsamico” sono una serie di scritti dedicati all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena realizzati a partire da interviste a persone che a questo prezioso condimento hanno dedicato la vita, per lavoro o per passione.

Si ringraziano PierPaolo Bortolotti, esperto di Aceto Balsamico Tradizionale, Emilio Biancardi dell’Acetaia Villa Bianca e Massimo Clò del Collegio San Carlo di Modena, per la disponibilità e le preziose informazioni.

Dopo aver raccontato le Origini, in questo secondo  episodio parliamo del Processo Produttivo, di come nasce l’oro nero di Modena, dalla cottura all’imbottigliamento.


Nonostante le origini primordiali dell’Aceto Balsamico non siano note (si suppone sia nato un po’ per caso dalla miscela di saba e aceto), e la cottura del mosto si facesse anche in tante altri parti dell’Impero Romano, l’Aceto Balsamico è un prodotto molto legato al territorio modenese per almeno due fattori.

Il primo è il fattore climatico: normalmente il clima modenese è caldo e umido d’estate e freddo e umido d’inverno, clima da cui sembra che gli acetobatteri traggano grandissimo giovamento.

La seconda è una motivazione più psicologico-culturale: il territorio modenese è da sempre votato alla lavorazione del maiale, di cui per tradizione “non si butta via niente”; questo spirito culturale anti-spreco probabilmente ha fatto sì che questo tipo di produzione abbia resistito e si sia raffinato nel corso del tempo proprio nelle campagne modenesi.

Vediamo quindi come viene tutt’oggi realizzato l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

La prima fase è la cottura del mosto. A differenza dell’aceto di vino, che deriva dalla fermentazione acetica di un prodotto alcolico, l’ABTM è un prodotto di prima trasformazione.

Durante il procedimento di cottura del mosto vengono uccisi tutti quei batteri ed enzimi che potrebbero portare ad una trasformazione di tipo alcolico, creando un prodotto che dal punto di vista organico è quasi sterile, ma al contempo durante questa fase avvengono tanti altri importanti effetti: una forte riduzione del volume, un grande incremento degli zuccheri e il cambio nel colore, per via della caramellizzazione degli zuccheri.

Forse non tutti sanno che, infatti, le uve utilizzate per produrre l’ABTM sono in realtà per la maggior parte uve bianche, di Trebbiano di Spagna e Trebbiano Modenese (anche se si possono usare anche uve rosse, come Ancellotta e Lambrusco).

La cottura del mosto va da un minimo di 12 fino ad un massimo di 72 ore, ma di media viene cotto per circa 48 ore.
Quando il mosto cotto è pronto, viene inserito in una botte dove è già in corso una fermentazione di tipo acetico.

Il metodo per acetificare una botte è quello di “mostare l’uva”: si sbollenta il mosto facendolo cuocere per poco tempo, e poi lo si lascia in damigiana al sole: in questo modo si instaura una fermentazione acetica in maniera naturale, senza bisogno di aggiungere nulla. Questo prodotto costituisce la base acetica della botte, a cui viene aggiunto il mosto cotto.

A questo punto parte il processo di invecchiamento. Per capirne al meglio il funzionamento facciamo l’ipotesi di avere 3 botti.

Nell’anno zero mettiamo una certa quantità di mosto cotto nella botte numero 1. Aspettiamo un anno e avremo ovviamente un aceto invecchiato di un anno. Da questa botte togliamo non più del 10-20% del prodotto rimasto dall’evaporazione naturale, e lo mettiamo nella botte numero 2; fatto questo passaggio riempiamo di nuovo la botte numero 1 per riportare il contenuto al giusto livello.

Aspettiamo un altro anno e nella botte numero 2 avremo un prodotto di 2 anni, mentre nella botte numero 1 un prodotto di 1 e 2 anni; dalla botte numero 2 prendiamo sempre una piccola parte e la mettiamo nella botte numero 3, quindi andiamo a rincalzare la botte numero 2 con una parte della botte numero 1 e a rincalzare la botte numero 1 con del mosto cotto nuovo.

Aspettando un altro anno, nella botte numero 3 avremo un prodotto di 3 anni, nella botte numero 2 avremo un prodotto di 3 e 2 anni, nella botte numero 1 avremo un prodotto di 3, 2 e 1 anno.

Questo è il funzionamento del meccanismo di conteggio degli anni del Balsamico Tradizionale.

  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma
  • Acetaia Villa Bianca, Modena
Ph Fabio Duma

Quando quindi facciamo riferimento al prodotto contenuto in una botte, il termine “minimo” fa sempre riferimento al prodotto più giovane che è stato inserito, che è una piccola parte di quello presente complessivamente in essa: se abbiamo un aceto di minimo 7 anni significa che una piccola parte di prodotto ha 7 anni, mentre la maggior parte del prodotto è composta da aceto più vecchio; se dovessimo parlare di età media, andremmo molto più in sù, in base all’epoca in cui quella botte è stata avviata alla produzione.

Il prodotto che viene imbottigliato ovviamente è preso dall’ultima botte della batteria, e, cosa fondamentale, in tutte le botti della batteria i passaggi vanno fatti sempre in questo senso: prima si toglie e poi si mette, perché altrimenti si diluisce il prodotto invecchiato.

La regola, oggi codificata sulla base dell’esperienza empirica degli antichi produttori, asserisce che non bisogna mai togliere né mettere più del 10-20% di prodotto in una botte; la maggioranza del prodotto deve rimanere nella botte perché, soprattutto nelle prime botti della batteria, esiste una colonia batterica attiva ed è necessario fare in modo che il nuovo mosto cotto, che è un prodotto sterile, non vada a diminuire eccessivamente la quantità di acetobatteri presenti, ma che invece ne funga da nutrimento.

Anche il procedimento di aggiungere sempre prodotto giovane è fondamentale per mantenere l’acidità del prodotto, perché se l’aceto viene lasciato ad invecchiare così com’è, si verifica la ricristallizzazione degli zuccheri: la parte acida se ne va e rimane solo la parte dolce, creando un prodotto che poco ha a che fare con il vero Aceto Balsamico Tradizionale.

Per questa volta è tutto; nelle prossime puntate parleremo di specificità delle batterie, caratteristiche organolettiche dell’Aceto Balsamico Tradizionale, imbottigliamento e modalità di tutela.

Autore

Elisa Mazzini

Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.

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Questo articolo ha un commento

  • Romano

    Buongiorno Elisa
    Piena disponibilità a farle fare un tuffo nel passato visitando l’acetaia Museo Boni.
    Nella speranza che riparta il prima possibile il Turismo le auguro una buona giornata.
    A disposizione in merito
    Saluti
    Romano Boni

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