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[ParlamiditER] Modena, un racconto nella storia

di /// Agosto 31, 2021
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto. Basta una mail a inemiliaromagna@aptservizi.com o un commento qui sotto!




Modena, anno 1106.
La costruzione del nuovo Duomo cittadino è iniziata da qualche anno e le attività di edificazione vanno avanti molto velocemente.
Ma è necessario subito affrontare una questione che sarebbe eufemistico definire delicata: spostare nella nuova cripta i resti mortali di San Geminiano, l’amatissimo e veneratissimo santo patrono della città.
Tra lo stupore e l’attesa generale, alla delicata operazione soprintendono tutte le figure di primo piano dell’apparato religioso cittadino.
Ma accanto a loro è presente un personaggio di spicco della “società civile”: l’architetto Lanfranco, il forestiero che era stato chiamato a Modena per fare l’impresa e che per le sue capacità tecniche e progettuali venne definito mirabilis artifex.
Tutto ciò ci è noto dalle pagine del codice noto come Relatio, è conservato nell’Archivio Capitolare di Modena. Si tratta di una sorta di cronaca dettagliata delle vicende iniziali della costruzione dell’edificio sacro – dal 1099 anno di inizio dei lavori al 1106 anno in cui viene spostato il corpo del Santo.
Qui si legge di come tutti i cittadini modenesi e l’entourage religioso decisero di edificare una nuova magnifica Cattedrale che andasse a sostituire quella precedente. Qui apprendiamo della ricerca dell’architetto e dell’affidamento del progetto a tale Lanfranco, uno “straniero” che si dimostrò all’altezza dell’incarico ricevuto tanto da essere celebrato da tutto il popolo per la fama del suo ingegno.
Nel manoscritto, Lanfranco appare citato più volte e con tutti gli onori del caso – un fatto letteralmente inusitato per le cronache del tempo, considerando che sono pochissimi ad oggi i nomi noti tra gli architetti e gli artisti di questa epoca storica.
Lanfranco appare anche nelle miniature a corredo del testo. Nelle raffigurazioni, il progettista sbuca sulla sinistra più grande degli altri personaggi con un elegante cappello ed una veste raffinata: l’architetto è magnificato nelle sue capacità tecniche e nelle sue doti intellettuali, forse uno dei primi esempi del genere nella storia del medioevo.



Il sito UNESCO denominato “Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande di Modena” è costituito da tre monumenti siti nell’attuale capoluogo di provincia dell’Emilia-Romagna e fortemente interconnessi tra di loro:

  • la Cattedrale,
  • la Torre Civica più nota come Ghirlandina,
  • la Piazza Grande dove si affacciano le prime due strutture ed altre meraviglie della città.


Il Duomo di Modena è uno dei massimi esempi in Italia dello stile romanico e ha una disposizione planimetrica molto chiara, frutto degli sforzi compositivi dell’architetto Lanfranco. La pianta rettangolare è suddivisa in tre navate che terminano in tre absidi semi-circolari. Le navate sono suddivise da un sistema di pilastri e colonne e al di sopra delle navate laterali si imposta il matroneo (spazio dedicato ad accogliere le donne) che però in questo caso è del tipo non praticabile ed ha quindi una funzione puramente strutturale.

All’esterno su tutti i lati della chiesa si ripete il motivo della loggia a trifora (sorta di finestra suddivisa in tre parti da due esili elementi verticali). Le logge si trovano anche nella parte superiore della facciata principale, perfettamente tripartita – a richiamare le tre navate interne – ed adornata con il tipico rosone nella parte centrale.
Ma in questa meraviglioso edificio, Lanfranco ha dovuto dividere la fama con un altro portento dell’arte romanica: lo scultore Wiligelmo. Una figura avvolta nel mistero, considerando che ancora oggi non conosciamo la giusta scrittura del suo nome. Ma anche in questo caso, la fama dell’artista è testimoniata dalla epigrafe posta in facciata dove viene menzionato come degno di onore tra gli scultori. E proprio sulla facciata della chiesa è possibile ammirare i portentosi cicli scultorei di Wiligelmo, in particolare quello con le storie tratte dalla Genesi con tanto di raffigurazione del peccato originale con Adamo che morde la mela biblica.

Vicino all’abside del Duomo, si staglia con i suoi quasi 90 metri di altezza la Torre Civica – per tutti i modenesi semplicemente la Ghirlandina, simbolo assoluto della città. Nata in funzione della Cattedrale, la torre ha una storia costruttiva molto lunga che si protrae fino ai primi decenni del XIV secolo quando fu aggiunta la guglia in stile gotico. Ben presto la Ghirlandina assume funzioni “civiche”: al quinto piano della torre trova posto la cosiddetta stanza dei Torresani dove alloggiavano le guardie che vigilavano dall’alto sulla città dando il segnale di apertura e chiusura delle porte cittadine comunali. Altro particolare della Ghirlandina è la secchia rapita: si tratta di un comune recipiente di legno sottratto dai modenesi da un pozzo pubblico di Bologna e poi portato solennemente in trionfo in città. Attualmente nella torre è conservato solo una copia dello strambo trofeo mentre l’originale è stato spostato nel Palazzo Comunale.

Cuore pulsante della città e luogo di rappresentanza per eccellenza del potere politico e religioso è la Piazza Grande su cui affacciano uno dei maestosi lati del Duomo, il porticato del Palazzo Comunale e la Ghirlandina dall’alto. La piazza è luogo di incontro, di dibattiti e di scambi commerciali: proprio qui avveniva il mercato settimanale. Questo è il posto privilegiato dove svolgere grandiosi cerimonie religiose all’aperto e processioni ma anche dove allestire feste popolari e più mondane. Sempre in piazza si amministra la giustizia, nei modi brutali previsti dalle leggi del tempo: qui vengono svolte le torture e le esecuzioni capitali. I corpi martoriati dei criminali, una volta calati dalla forca venivano deposti per le funzioni di rito sulla Pietra Ringadora – un enorme masso che fa ancora bella mostra di sé in un angolo di questo microcosmo del mondo medievale.

Contenuto a cura di Roberto Giarrusso, autore del blog www.thearteller.com

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