Arte e CulturaArte e Cultura

6 Leggende e Curiosità Storiche dell’Emilia-Romagna

di /// Febbraio 5, 2024
Tempo stimato di lettura: 9 minuti

SHARE

SHARE

L’Italia è un paese antichissimo, pieno di tradizioni e avvenimenti che si sono succeduti nel tempo.

Le nostre città e i loro territori sono piene di storie e miti da raccontare, leggende che spesso rimangono incastonate nei nomi dei luoghi o in piccoli particolari, disseminati nelle vie delle città.

Fatti e costumi lontani che nel tempo smettono di circolare nei discorsi e nelle chiacchiere delle popolazioni, perdendosi a poco a poco nei meandri della memoria collettiva.

Oggi siamo qui per rinfrescarvi, e insieme rinfrescarci, la memoria raccontandovi 6 avvenimenti che fanno parte della nostra storia, ma che non tutti ricordano.

6 storie o leggende che riguardano le nostre città, la loro storia e i loro antichi costumi e che hanno alimentato i miti intorno ad alcuni luoghi e personaggi.

Le Osterie di Bologna

National Gallery of Denmark (Copenhagen) | Carl Heinrich Bloch (1834-1890), In a Roman Osteria, 1966
National Gallery of Denmark (Copenhagen), Carl Heinrich Bloch (1834-1890), In a Roman Osteria, 1966 | Credit: Pubblico Dominio, via Google Cultural Institute

Rinomate in Italia e ora anche all’estero, le osterie di Bologna sono certamente uno dei luoghi più affascinanti della città emiliana.

Questi luoghi di svago sono tra i locali più frequentati della città, forse anche per quell’aria un po’ antica e naïf che sprigionano i vecchi tavoli di legno e le bottiglie impolverate alle pareti. Ma come erano anticamente le osterie bolognesi?

Luoghi di ritrovo popolare, da cui spesso partivano rivolte e rivendicazioni con il governo cittadino, le osterie bolognesi furono oggetto nel 1610 anche di editto comunale che ne limitava la clientela.

Fino ai primi del secolo scorso le più celebri erano: l’Osteria dei Bastardini in via Tagliapietre; la Campana in piazza VIII Agosto; il Cantinone di Londra e Bazzanesi in via San Felice; il Carnevalazz e il Convento in via Zamboni (zona universitaria).

Certamente erano celebri per i personaggi che ospitavano, solitamente canzonieri e poeti popolari, ma anche per le modalità in cui venivano somministrate le vivande.

Ad esempio in Via del Pratello all’Osteria del Ghittòn venivano somministrati i “fagioli a tempo”, per cui si poteva acquistare mezz’ora di fagioli in una sorta di All you can eat dei tempi antichi.

Negli anni ’70 Alessandro Cervellati, cultore delle memorie bolognesi, scriveva sui locali bolognesi che in via de’ Poeti si trovava un’osteria che, fino al restauro nel 1959, aveva mantenuto inalterate le caratteristiche originali settecentesche.

Ferrara e il Diamante del Palazzo

Ferrara, Palazzo dei Diamanti | Credit: Vanni Lazzari
Ferrara, Palazzo dei Diamanti | Credit: Vanni Lazzari, via Wikimedia

Il Palazzo dei Diamanti di Ferrara è uno degli edifici storici più belli e affascinanti della città. Migliaia di bugne a forma di diamante compongono le sue particolari facciate, particolare da cui prende il nome.

Secondo alcuni, tuttavia, il nome Diamanti sarebbe da imputare a un altro mito accaduto nell’antichità. Si narra, infatti, che Ercole I d’Este fece nascondere all’interno di uno dei tanti diamanti del palazzo un vero e proprio diamante, appartenente alla sua corona.

Solo due persone conoscevano l’esatta ubicazione del gioiello: Ercole I d’Este e il mastro che aveva seguito il cantiere di costruzione.

A lavori ultimati il Duca fece chiamare il mastro a corte e, dopo essersi accertato che non avesse rivelato a nessuno il segreto, lo fece accecare e tagliare la lingua affinché mantenesse per sé il segreto per tutta la vita.

Il fatto, ovviamente, non ha alcuna attendibilità storica ma la leggenda vuole che ancora oggi sia nascosto in quel palazzo un antico tesoro dei Duchi d’Este.

Forlì, San Mercuriale e il Drago

Abbazia San Mercuriale (FC), Baldassarre Carrari, Incoronazione della Vergine e Santi (1512)
Abbazia San Mercuriale (FC), Baldassarre Carrari, Incoronazione della Vergine e Santi (1512) | Credit: Sailko, via Wikipedia

Il primo vescovo di Forlì si chiamava Mercuriale e visse intorno al IV secolo d.C.
Come ogni santo che si rispetti, anche Mercuriale ha la sua storia e mitologia, molto nota nella città di Forlì.

La tradizione vuole che un drago vagasse per le campagne forlivesi, seminando morte e distruzione sulla sua strada. Molti cavalieri avevano tentato l’impresa di ucciderlo, ma ogni volta erano caduti sotto la sua potenza e pestifera ferocia.

San Mercuriale decise a quel punto che doveva metter fine alle angherie di quella bestia appartenente al mondo antico e, una volta avvolto il drago nella sua stola pastorale, lo scaraventò in un pozzo profondo, rendendolo così innocuo. Oggi quella località prende il nome di Bussecchio, da Pozzecchio appunto.

Secondo molti studiosi questo mito avrebbe un corrispettivo storico: il drago simboleggerebbe la potenza delle acque del fiume Montone, mentre il santo sarebbe l’emblema della popolazione e della potenza dell’uomo nel controllo delle acque.

Re Artù a Modena

Modena (Mo), Vista sul Duomo della città e sulla Torre Ghirlandina
Modena (Mo), Vista sul Duomo della città e sulla Torre Ghirlandina

Forse non tutti sanno che sul fianco settentrionale del Duomo di Modena c’è un bassorilievo circolare in cui è raffigurato un episodio della vita di Re Artù: alcune iscrizioni mostrano i nomi dei personaggi riprodotti, tra i quali Ginevra, Morderd, Galvano e lo stesso Artù.

Secondo gli storici il bassorilievo sarebbe da datare tra il 1120 e il 1130, in un’epoca anteriore alla raccolta dei miti di Re Artù, che Goffredo di Monmouth raccolse e pubblicò solo nel 1135.

Come spiegare dunque la misteriosa esistenza del mito di Artù a Modena?

Bardi e l’elefante di Annibale

Castello di Bardi (PR) Ph. Laura Zago via shutterstock
Castello di Bardi (PR) | Credit: Laura Zago, via Shutterstock

Nei tempi passati il paese di Bardi era indicato secondo l’eponimo “Barrus”. La credenza popolare vuole che Barrus non fosse un generale o una personalità dell’antichità, bensì un elefante, per la precisione uno dei 37 elefanti di Annibale.

Secondo la leggenda proprio uno di questi animali venne a morire in questi luoghi e la popolazione locale, colpita dalla sua straordinarietà, decise di dare il suo nome al paesello che sorgeva proprio vicino alla sua carcassa.

Naturalmente questa storia è una leggenda infatti, nonostante Annibale e i suoi elefanti siano effettivamente passati da queste parti, il nome di Bardi deriva da Longobardi, un ceppo dei quali si stabilì proprio qui nel VII d.C.

La Rocca d’Olgisio e l’esercito del Re di Francia

Val Tidone, Rocca d'Olgisio (PC) Ph. Angy118 via shutterstock
Val Tidone, Rocca d’Olgisio (PC) | Credit: Angy118 via Shutterstock

La Rocca d’Olgisio è una delle rocche più antiche della provincia piacentina; la prima menzione dell’edificio in documenti ufficiali risale infatti al 1037 d.C.

Per la sua posizione strategica, a cavallo tra le valli del Tidone e del Chiarone, fu spesso presa d’assedio e contesa nelle guerre che hanno investito il Nord Italia.

Tra i tanti episodi a cui le sue mura assistettero, uno merita di essere menzionato più degli altri. All’inizio del XVI secolo, il Re di Francia conquistò, senza nemmeno troppa fatica, lo stato e i possedimenti del Duca di Milano.

A quel tempo la Rocca d’Olgisio era possedimento della famiglia Dal Verme, a cui il reale francese pose un aut aut:  cedere la Rocca o morire lentamente sotto i colpi delle cannonate.

I Dal Verme, che conoscevano bene la qualità e la maestosità delle loro mura, non si arresero e ai francesi toccò assediare la rocca con duemila fanti, cento cavalieri e diversi pezzi d’artiglieria.

Le cronache narrano che in soli otto giorni le mura della rocca furono colpite con circa 1160 cannonate, che però non furono sufficienti a far arrendere gli assediati (sul lato orientale della Rocca si possono ancora vedere gli effetti dell’artiglieria francese che scalfirono a malapena le mura).

La Rocca non sarebbe mai caduta in mano francese se non vi fosse stato il tradimento di un ufficiale che, per vile denaro, aprì di nascosto la porta ai nemici.

Autore

Walter Manni

Esploratore e Avventuriero: ama navigare gli oceani, scalare le montagne più alte e surfare sulle onde del web

Potrebbe interessarti

Questo articolo ha 8 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *