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[Parlami di tER] I giorni della Liberazione

di /// Settembre 16, 2021
Tempo stimato di lettura: 3 minuti

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Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto. Basta una mail a inemiliaromagna@aptservizi.com o un commento qui sotto!


Verso le 6, con anticipo sull’orario di turno, arrivarono in bicicletta la Jole, l’Augusta e la Maria, tre infermiere che abitavano a San Lazzaro.
Arrivarono di corsa. Gridavano, ridevano.
Le sentimmo dal rifugio e corremmo su:
‘E’ finita, finita, finita!’ dicevano ancora incredule.
Le  accolsero e le circondarono visi assonnati, stanchi, perplessi.
‘Finita cosa?’.
‘La guerra, la guerra: ci sono i polacchi, a San Lazzaro. Siamo liberi!’

Gli eventi del mese di Aprile erano stati precipitosi, dopo lo sfondamento della linea posta sul torrente Gaiana, infatti, i tedeschi si erano ritirati sul torrente Idice, dove però erano stati in in breve raggiunti dagli Alleati.

La mattina del 19 Aprile, a dispetto dell’ordine di Hitler di difendere ad oltranza Bologna, il comando tedesco aveva ordinato il ritiro dalla città; il giorno successivo la 3a Divisione Fucilieri Carpatici, colpendo la 4a Divisione Paracadutistica tedesca, provocava la fuga delle due divisioni tedesche; anche la 26a Divisione corazzata, che difendeva la direttrice bolognese, dopo brevi combattimenti abbandonò la città.
All’1.45 della notte del 21 aprile le prime unità polacche passarono sulla riva occidentale dell’Idice, raggiungendo i confini sud- orientali.

Nella notte San Lazzaro venne liberata, come annotò sul suo diario don Grzondziel, cappellano militare polacco:

“Per un caso fortunato conducono da noi un italiano con la bicicletta, che afferma di essere stato lo stesso pomeriggio a Bologna. Egli racconta che sulle strade ci sono le mine e che San Lazzaro e Idice sono difesi. (…) I cingolati e le altre armi di appoggio non potranno accompagnarciperché le strade sono completamente devastate da enormi crateri, i ponti sono stati fatti saltare e i campi sono minati. (…) Una pattuglia viene inviata a San Lazzaro e al Savena. Che succede laggiù? Sempre più distintamente si sente il rumore di molte gambe in marcia. (…) L’aria viene scossa da un tremendo scoppio. Prima uno, dopo un po’ un secondo. Sì, è il nemico che ha fatto saltare il ponte davanti a noi. Una pioggia di terra ci ha coperti. (…) Attorno case distrutte e aria fetida. Al chiaro di luna i moncherini degli alberi e le pareti diroccate sembrano elementi di un inferno dantesco”.

Alle 4.15 i polacchi valicarono l’ultimo corso d’acqua che li separava da Bologna, il fiume Savena. Dopo alcune scaramucce con le retroguardie dell’esercito tedesco poste a copertura della ritirata, nei pressi delle Due Madonne, mossero verso il centro attraversando Porta Mazzini e Strada Maggiore, tra due ali di folla che si accalcava festante per accogliere i liberatori.

Con l’esercito alleato sfilarono anche i partigiani, che da alcuni giorni erano in attesa del segnale dell’insurrezione generale. Una grande festa alla quale seguì, immediatamente, l’instaurazione dei primi governi democratici con a capo i CLN.

Il 21 Aprile aveva inizio anche l’insurrezione a Ferrara e il 22 a Modena; le brigate partigiane cittadine affrontarono aspri scontri contro le truppe tedesche in ritirata e contro i reparti fascisti, in attesa dell’arrivo delle colonne motorizzate alleate.

I partigiani discesero dalle montagne e si impegnarono a cercare di bloccare le truppe tedesche in rotta a Casaltone ed a Fornovo, mentre il 24 e il 25 aprile gli alleati liberarono anche Reggio Emilia e Parma, dove la resistenza cittadina aveva già preso in parte il controllo dei luoghi più importanti, e il 29 Aprile Piacenza.

La staffetta partigiana Ibes Pioli, “Rina”, racconta così il significato della Liberazione:

“Per me è stato il giorno che ha voluto dire: ricominciamo a vivere. Con dei grandi propositi, perché eravamo infervorati. Voleva dire mettere a conoscenza la gente cosa voleva dire essere finalmente liberi, costruire un’Italia nuova, avere un apporto di gente che fosse unita, che sapesse anche come destinare le proprie idealità, diremmo, nel clima di libertà assoluta. Quindi è stato un giorno di grande pensiero allargato”


Ibes Pioli, nome di battaglia “Rina” è stata staffetta partigiana nell’area modenese. Le sue parole qui sono mutuate dal video qui sopra, realizzato da Rete Civica Modena, nel quale Ibes racconta il ruolo delle donne nella lotta partigiana e il sogno e le ambizioni della propria generazione.
La prima parte del testo è invece tratta da “Guerra e Resistenza a San Lazzaro di Savena”, a cura di Werther Romani e Mauro Maggiorani.

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