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[Parlami di tER] Una Bologna ‘solo per lavoro’

di /// Settembre 15, 2021
Tempo stimato di lettura: 5 minuti

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Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da donne e uomini che son nati, vivono o semplicemente si sono innamorati di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto. Basta una mail a inemiliaromagna@aptservizi.com o un commento qui sotto!


Allora, in realtà io delle cose belle di Bologna non posso parlare, perché non le conosco. Perché non ho tempo per le cose belle di Bologna visto che io a Bologna ci vado solo per lavoro. Altrimenti me ne starei a Genova: starei con i miei figli, mio marito. Ho le lavatrici da fare, ho i colloqui con gli insegnanti, ho il cane da portare fuori, le bollette da pagare, a Genova: figurati se ho tempo di andare a Bologna per vedere le cose belle.

A Bologna io ci vado solo per lavorare.

Che poi, non è che Bologna vada benissimo per lavorare se vieni da fuori, mi hanno anche avvertito che Bulaggna, la grasa par chi i sta, brisa par chi i pasa, che vuol dire che i bolognesi ti fregano, così ho capito io. Me lo hanno hanno raccontato un paio di conoscenti mangiando gnocco fritto, tigelle e sgabei in quella zona di confine che è l’appennino tosco-ligure-emiliano, terra d’incontri.

Mi è stato spiegato come funziona la scuola di business bolognese: l’uomo d’affari bolognese è sempre gentile, bonaccione e disponibile. E poi ti porta a mangiare i tortellini. E condisce con una bottiglia di vino. E ti parla, in bolognese che è un dialetto così morbido che ti fa sempre un po’ ridere. E poi… zac! ti frega. Si firma e allora non siete più tanto amici. Prima aperti e disponibili, quasi accoglienti, e poi, ciao, un muro impenetrabile e ognuno bada agli interessi suoi.

Al ciàcar a gli è ciàcar, mo al papetti a gli è papetti. Ma io sun zeneize risu reu strinsu i denti e parlu ceu. Dialetto contro dialetto, non si capisce più niente, ma il succo è che genovesi e bolognesi non scherzano nessuno dei due, se si parla di lavorare. E io a Bologna ci vado solo per lavorare, questo l’ho già detto. Chi en lavòura va in malòura, dicono loro. Chi no sappa no lappa, diciamo noi.

E lo spiego anche a chi mi chiede se Bologna è bella, ogni volta che abbandono la Lanterna per le Due Torri: non ho tempo per osservar guglie,chiese e torri o camminare per Piazza Maggiore o Piazza Santo Stefano: io tengo il naso dabbasso anche se magari percorro, fra una pausa e l’altra, i 35 km di portici della città più porticata d’Italia. Tutti. Ogni volta. Perché sì certo, a Bologna ci si va per lavorare, però ci mancherebbe che fra un appuntamento e l’altro non possa prendere a farmi un giro. Vado per lavorare, ma mi faccio anche un giro, già che sono lì. Ammortizzo la spesa del viaggio. Si va a guardare dalla finestrella di via Piella il canale con l’acqua che scorre e le case addossate l’una all’altra, che un po’ ricordano la Superba. Magari, proprio se c’è tempo -che s’è venuto solo per lavorare, ricordo- si passa un po’ di tempo per Via del Pratello che ha un locale o un’enoteca ogni dieci passi. O per via Mascarella, dove proprio per caso, fra un lavoro e l’altro, ogni tanto passo da Malazeni che fa cucine povere del mondo ed esposte nel locale ha una serie di pupi siciliani di cartapesta che mi fanno impazzire, e dopo un po’ che li guardo mi chiedo che cosa i fanno poi i pupi siciliani a Bologna, non lo so, comunque sono belli, me li guardo tutte le volte che ci vado. Per me Bologna sono anche un po’ i pupi siciliani di Malazeni. Oppure quell’altro locale, l’Ortica, che fanno anche cucina vegetariana e c’è il cidromele e poi accanto c’è la libreria di Modoinfoshop che -proprio per puro caso- ho la tessera, e la Cantina Bentivoglio che fanno anche musica jazz ma costa un pochino, però c’è anche una birreria che fa la birra cruda bianca a 2,5 euro al bicchiere. Però se venite a Bologna io proprio non saprei che consigliarvi di fare, che io ci lavoro soltanto.

E poi quando sono a Bologna tutti mi parlano di cinni, i cinni che crescono, che si tengono bene, da parte e io pensavo ‘mazza quanto sono pieni di soldi sti bolognesi, vedi che faccio bene a venirci a lavorare qua a Bologna e poi invece scopro che i cinni non sono gli spiccioli, i quattrini -come i citti a Genova- ma i bambini, i figli, i ragazzi. E allora penso ah, e poi penso, va beh anche i figli sono roba preziosa, anzi forse più preziosi quelli che gli euro.

Un’altra cosa che mi piace molto di Bologna è la Torre degli Asinelli, perché io soffro di vertigini. Allora quando mio marito e i miei figli scendono a trovarmi a Bologna io gli dico, eh potreste visitare la Torre degli Asinelli, e loro mi dicono perché? è bella?, e io gli dico eh non lo so, non ci sono mai salita, io soffro di vertigini, potreste andarci voi e mi raccontate se è bella. Così mio marito porta i figli sulla Torre degli Asinelli e ci stanno tutto il pomeriggio felici come delle pasque e io intanto posso andare in ufficio a lavorare. Perché io a Bologna ci vengo solo per lavorare. Però questa cosa della Torre degli Asinelli mi viene molto utile.

E non faccio confronti con Genova, perché mi dicono che Bologna con le torri ci sa fare, nel medioevo ne aveva tipo 180, in pratica c’erano più torri che case, quasi, mentre noi a Genova ne avevamo più o meno sessantasei. E poi la Torre degli Asinelli è alta tipo novantasette metri, è una torre vera, mentre la torre più alta di Genova, Torre Embriaci è alta 41 metri, che ormai non la vedi nemmeno. Sono quasi più alte le cabine telefoniche. Cioé quando ancora c’erano le cabine telefoniche. Poi le hanno tolte le cabine. Torre Embriaci no. Comunque è bassa, non è che noi genovesi siamo particolarmente orgogliosi di quanto sono alte le nostre torri. Difficilmente in una conversazione con un genovese vi capiterà che quello vi dica, ah sapete che noi a Genova abbiamo una torre di 41 metri? Fateci caso. Per chi si interessa di dimensioni di torri, che non credo sia tantissima gente, beh, Bologna vince. Ma a me questo non interessa perché io a Bologna non ci vado per andare sulle torri, perché soffro di vertigini. E poi devo lavorare.

E poi una cosa che mi piace un sacco di Bologna è il mare. Cioè, a Bologna non c’è il mare, ma se ci fosse ci scommetto che sarebbe un gran bel mare, visto tutto il resto. Bisognerebbe fare un mare adeguato al resto della città, e quindi me lo immagino con molte spiagge libere, in cui non devi pagare per l’ombrellone ma ci puoi andare con anche solo l’asciugamano, e con tutti i bolognesi che prima di andarsene si mettono a pulire le spiagge. Non ci sono mai stata, ma io il mare Bolognese me lo immagino un mare molto civile, molto bello da andarci. Se uno non ha da lavorare si intende.

Invece a Genova per andare al mare devi portarti dietro un bel po’ di cinni.

Non dico bambini, dico cinni sonanti.


Maria Cecilia Averame, genovese, si occupa di promozione editoriale e comunicazione sociale. Ha scritto ‘101 cose da fare a Genova almeno una volta nella vita’, ma muore dalla voglia di scoprirne almeno una cinquantina a Bologna. Spera sempre di trovare la scusa per farlo.

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