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[ParlamiditER] L’ antico Porto di Classe

di /// Agosto 31, 2021
Tempo stimato di lettura: 3 minuti

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Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da donne e uomini che son nati, vivono o semplicemente si sono innamorati di questa singolare, bellissima, terra con l’anima. Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto. Basta una mail a inemiliaromagna@gmail.com o un commento qui sotto!




La prima cosa che noti quando arrivi a Classe è un particolare di non piccolo conto: che il mare non c’è. Non si vede, ma nemmeno si sente nell’aria, perché Classe, ovvero quel grumo di casette che è l’abitato odierno, è proprio un paesino in campagna, arrotolato attorno alla basilica di S.Apollinare, che, come la vedi, sembra una cattedrale nel deserto costruita dagli alieni, tanto è fuori scala.

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Ci vorrebbe la macchina del tempo, o appunto quella macchina del tempo che è l’umana fantasia, per immaginare cos’era Classe: il porto dell’impero, lo snodo da cui partivano ed arrivavano le derrate per gli eserciti romani dall’Oriente e dal Mediterraneo, il ricovero della flotta augustea, e poi delle armate e dei regni barbarici.

I secoli hanno fatto sparire tutto: per prima cosa il mare, che si è ritirato dai canali impantanati via via e trasformati in campi. E con l’acqua sono spariti gli abitanti e poi persino gli edifici, oltre alle ricchezze ed al potere. E Classe è scomparsa, diventando il grumo di case di oggi, placido, silenzioso, accovacciato nel nulla.

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Gli archeologi però il passato dal nulla lo han tirato fuori a forza. Ed entrare nel Parco Archeologico di Classe è questo, un viaggio nel Tardis del Doctor Who. Campagne di scavi, mattone per mattone, hanno fatto
riemergere dagli strati di fango le fondamenta dei magazzini augustei, e ricreato un pezzo del canale che circondava l’isola dei docks dell’antico porto. La storia è tutta lì, in quelle pietre che dal I a.C. al VIII
secolo han visto di tutto: ufficiali imperiali, commercianti levantini, truppe semibarbare al soldo degli imperatori, e poi capi e re gotici come Teodorico e Vitige, e ancora funzionari bizantini e generali agli ordini
di Giustiniano e Teodora.

Ecco, è un’esperienza bellissima, passeggiare per lo scavo e vederli balzare davanti agli occhi, tutti questi personaggi antichi, che ti vengono incontro e ti raccontano la loro storia. Vedere i resti di pali della zattera che attraversava il canale, immaginare nelle pigre e calde giornate di afa i naviculari scaricare i colli e poi sedersi sotto i portici per scacciare la calura, con in mano un bicchiere di vino o forse di cergovia fredda. Scoprire quali magazzini hanno terminato la loro vita di botto, per via di un improvviso incendio dovuto a chissà quale accadimento, e sono rimasti così, congelati nel tempo, ancora con dentro le loro anfore piene
di grano bruciato, e quali altri nei secoli, in un lento declino, sono stati abbandonati, e poi trasformati in case e in casupole, e infine, una volta crollati, soppiantati da capanne di legno e usati come cave di mattoni per edifici costruiti altrove, perché non c’era più acqua e non c’era più nulla, se non la miseria di un insediamento morto.

Foto 2 Lo scavo delle anfore

E’ bellissimo vedere sfilare davanti agli occhi processioni infinite di mercanti, soldati, cambiavalute, mercenari, e poi anche pellegrini e contadini, che percorrevano in vesti damascate o con poveri sandali ai piedi la strada romana basolata per andare alla vicina basilica di S.Severo, di cui oggi resta poco o nulla, ma che in quei secoli era così lussuosa e rinomata da poter ospitare persino un imperatore, il tedesco Ottone, in viaggio per Roma.

Tutto questo ti balza agli occhi, prepotente, quando entri nel sito e vedi quelle pietre, e ascolti i racconti delle guide che sono gli archeologi che le hanno scavate, e da ogni mattone hanno tirato fuori quella cosa che sembra impossibile tirare fuori dalle pietre: la vita”.

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Mariangela (Galatea) Vaglio, giornalista e insegnante, è autrice del blog “Il nuovo mondo di Galatea“, che ha più di 3 milioni di visitatori. Dottore di ricerca in Storia antica ha pubblicato Piccolo alfabeto della scuola moderna. Su «L’Espresso» cura il blog “Non volevo fare la prof“. Nel 2014 ha pubblicato per Ultra “Didone, per esempio” e nel 2015 “Socrate, per esempio“.

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