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Racconti magici dell’Emilia-Romagna: la Fata Bema

di /// Agosto 31, 2021
Tempo stimato di lettura: 2 minuti

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Si dice che alla mezzanotte di ogni 19 maggio la Fata Bema torni a manifestarsi nelle stanze del Castello di Montechiarugolo per piangere il suo amore perduto.
Ogni anno innamorati, curiosi e cacciatori di fantasmi si appostano, in questa notte, per riuscire a vederla. Ma qual è la sua storia?

Fata Bema giunse a Montechiarugolo nel lontano maggio del 1593: era giovane, bella e affascinante e qui si insediò per esercitare la sua magica arte. Indovina e fattucchiera, Fata Bema iniziò a esibirsi su un palco allestito nei boschi che circondavano il castello, riserva di caccia del Duca Ranuccio Farnese, dove era solita predire il futuro a chiunque le rivolgesse la fatidica domanda “Bella fata, cosa vedi nel mio futuro?”.

Attirato dalla bellezza e dai poteri della fanciulla, il tenebroso Duca permise alla fata di frequentare il castello, concedendole un salvacondotto per circolare liberamente nel territorio farnesiano. Ma non passo molto tempo prima che Ranuccio, vinto dal timore di essere stato manipolato tramite un incantesimo, decise di liberarsi dell’indovina facendola rinchiudere nella prigione della rocchetta.



La fata fu vittima di una lunga e dura prigionia ma venne poi liberata allo stremo delle forze grazie alla benevolenza del popolo.

Rientrata a Montechiarugolo, Bema fu assunta presso la corte dei Torelli per la gestione domestica.

La fanciulla e Pio Torelli, figlio dell’illuminato Pomponio e di Isabella Bonelli, finirono per innamorarsi. Sapendolo però un amore impossibile, Bema non assecondò il suo cuore e rifiutò il corteggiamento di Pio che fu mandato dal padre presso la corte di Parma a terminare la sua formazione scolastica.

Iniziarono i giorni che portarono alla presunta congiura contro Ranuccio Farnese il quale, temendo la potenza dei numerosi e potenti feudatari del Ducato, inscenò una congiura contro la sua persona e, attraverso un crudele e durissimo uso della tortura, riuscì ad estorcere numerose confessioni.

Il 19 maggio 1612 gli arrestati, compreso il giovane Pio Torelli, furono decapitati davanti al palazzo di Giustizia di Parma, in piazza Grande (oggi piazza Garibaldi) e le loro teste mozzate e conficcate su spunzoni a monito della città.

Il castello di Montechiarugolo fu interamente occupato da una guarnigione di soldati ducali e Bema, disperata per la morte di Pio, trovò rifugio in una piccola casa nei pressi del castello, occupandosi per il resto dei suoi giorni di dare aiuto a poveri e bisognosi.

Questa è dunque la storia della fata Bema che, dalla morte a oggi, si dice torni a passeggiare di bianco vestita tra i bastioni del castello ogni 19 maggio e allo scoccare della mezzanotte si possa udire il suo pianto per l’amore perduto così tragicamente.

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